Transcreazione, cosa significa? Raggiungere l’obiettivo di tradurre un contenuto creando la parola giusta. L’esercizio parte da lontano e ha molto a che fare con lo sviluppo umano. C’è una fase della vita in cui chiediamo sempre a qualcun altro perché, la meravigliosa “fase dei perché”. Poi c’è una fase non sempre altrettanto meravigliosa in cui il perché lo chiediamo a noi stessi, non diamole un nome. C’è anche una fase che non finisce mai in cui il traduttore si chiede “perché non lo traduco così?” e chi revisiona si chiede “perché ha tradotto così?”. Questa fase si chiama quotidiana.
Quando si traduce, quando un professionista traduce, bisogna fare molte scelte, una tra tutte se tradurre letteralmente, se localizzare, se transcreare. Nell’ultimo caso – il transcreare – ci si adopera per dire o definire qualcosa con la stessa efficacia della lingua originale. In pratica non si cerca l’equivalenza linguistica che, per l’appunto, potrebbe non essere efficace.
In uno di quei momenti in cui siamo state noi a chiederci “perché ha tradotto così?” abbiamo fatto una scoperta. Si tratta di qualcosa che racconterai negli anni perché magari scopri che il nonno a Panama ha conosciuto il Signor Ernest Miller Hemingway¹.
Cos’abbiamo scoperto? È Andrea, traduttrice per la lingua spagnola, a raccontarlo.
Ormai la nostra collaborazione si potrebbe definire un’amicizia di lunga data. Cosa ti ricordi di quando hai iniziato a lavorare con la nostra agenzia?
È vero. La nostra collaborazione va indietro di molti anni. Quando iniziai a lavorare specificamente nella mia professione ancora non esisteva Internet. I testi arrivavano via fax e si traduceva dal cartaceo, non c’era un file. A quei tempi ero a Padova e lavoravo con clienti della zona perché il lavoro era da consegnare su dischetto. Poco dopo sono arrivati i modem ed è stato un grande passo avanti. Quando riuscivi a collegarti avevi un file su cui lavorare, con una notevole accelerazione del lavoro. Poi è arrivata una primitiva rete Internet. Ecco, iniziai a collaborare con voi quando c’era già Internet, quindi le email, verso fine degli anni ‘90². Sembra passata un’era geologica… Siamo proprio dei pionieri!
Quale pensi sia il punto d’incontro tra noi, l’elemento base del nostro legame professionale?
Sono sicura che la ricerca della qualità sia alla base del nostro legame professionale e anche la serietà con cui affrontiamo i progetti. È quello che entrambe pretendiamo, così come la collaborazione reciproca. Voi rispondete ai miei eventuali dubbi sui testi, io rispondo ai vostri eventuali dubbi relativi alle mie scelte terminologiche e di stile³. Poi in tutto questi anni è maturata la vostra fiducia verso il lavoro che svolgo. Credo che sia fondamentale avere traduttori di fiducia nel nostro settore.
Come descriveresti la figura del traduttore, o meglio cosa c’è veramente dietro a questa “qualifica” secondo te?
Sono una traduttrice professionista, ho studiato per esercitare questa professione, esattamente come qualsiasi altro professionale, che sia avvocato, medico, ingegnere… Non basta essere un “madrelingua” per spacciarsi per traduttore. Servono studio, conoscenza, curiosità, amore per la parola.
Oggigiorno c’è chi si fa chiamare traduttore, ma non lo è. Purtroppo la traduzione è una professione sconosciuta ai più. È difficile che persone senza una conoscenza linguistica specifica immaginino e comprendano le difficoltà che troviamo e quindi apprezzino il nostro operato. Molti ignorano che è la “seconda” professione più vecchia al mondo, tutto ha avuto inizio dalla Torre di Babele⁴… Spesso non ci si rende conto che senza i traduttori sarebbe stata impossibile la diffusione culturale, in tutti i settori. Il traduttore rimane anonimo e sconosciuto ai più.
Una volta hai dovuto risolvere un vero rompicapo. Per un cliente e ti sei trovata a “creare”, o meglio dire transcreare, qualcosa che in spagnolo non esisteva ancora. Ci potresti raccontare com’è andata?
Un cliente mi ha contattato per tradurre un testo e dare un nome a un nuovo prodotto. Il nuovo prodotto era la cialda di caffè. Non è stato semplice dare un nome a qualcosa che prima non esisteva. L’immagine del prodotto non aiutava.
Il linguaggio è arbitrario, non c’è una motivazione per chiamare un oggetto in certo modo⁵, è il prodotto di convenzioni tra i parlanti di una lingua sviluppatesi nel corso della storia, quindi ogni lingua ha un modo suo di “creare” il modo in cui chiamiamo gli oggetti. In italiano per esempio di solito conta di più la forma che la funzione quando si assegna un nome a un prodotto (infatti “cialda” ricorda una consistenza e una forma), mentre che in spagnolo conta di più la funzione. Quindi partendo dal fatto che si trattasse di una dose/porzione di caffè per usare in una macchina concepita per preparare una tazzina di caffè alla volta, siamo arrivati a elaborare i termini usati attualmente in spagnolo: “monodosis” e “monoporción”.
Un episodio di questo tipo dimostra che un traduttore non è solo una persona che conosce una lingua, ma un professionista che sa scrivere, non trovi?
Un traduttore non è un sistema automatico di traduzione, chi pensa che Google o altri sistemi automatici possano assomigliare a una traduzione umana sbaglia. Un sistema usa soltanto il livello denotativo della parola, cioè l’algoritmo si basa su un’associazione sintattica di parole esistenti nel sistema. Ma non riesce a capire il piano connotativo, cioè tutto quello che una parola implica, i suoi significati positivi e negativi, le associazioni culturali e semantiche.
Un traduttore è e deve essere molto di più di un “trasportatore” di parole da una lingua ad un altra, deve trasmettere un messaggio da una cultura a un’altra, e questo non solo nella traduzione letteraria, vale anche per il marketing e la comunicazione, le traduzioni legali e anche per la traduzione tecnica, più in generale è essenziale per capire le differenze di uso dei diversi termini, che nella lingua spagnola giocano un ruolo importante date le varietà locali esistenti. Un traduttore deve sapere usare la parola e deve avere una particolare sensibilità linguistica. Devo dire che la mia “altra” professione, quella di scrittrice⁶, gioca un ruolo fondamentale nel mio lavoro.
L
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¹ È una storia vera. Il signor Hemingway saliva ogni giorno sulla nave su cui era imbarcato il nonno di L. e si dirigeva a poppa per andare a pescare. È anche una breve storia triste perché il signor Hemingway regalò al nonno di L. una copia autografata di “For whom the bell tolls”, ma il nonno anni dopo la buttò via.
² Verso la fine degli anni ’90 c’eravamo già, proprio così, perché siamo “nate” nel 1979. Hurray ai nostri 41 anni!
³ “Perché ha tradotto così?”
⁴ Lo sapevi che “torre di Babele” ha acquisito il significato, non esattamente biblico e solenne, di confusione e disordine? È un fatto molto curioso se si pensa che per anni il nome “Babele” è stato ricondotto a bālal, “confondere” in ebraico, mentre la sua origine etimologica si trova in bab-el, “porta di Dio” nella lingua accadica. Quindi perché si usa per dire confusione? Non possiamo svelare tutto ora…
⁵ C’è qualcuno che nella fase senza nome, mentre cercava il perché in se stesso, si è chiesto anche perché le parole significano quello che significano. Non un pensatore qualunque, tutt’altro! Era Ludwig Josef Johann Wittgenstein.
⁶ Non vogliamo essere gli unici a godere delle opere di Andrea Zurlo, quindi ecco dove puoi trovare alcune delle sue creazioni: Reposo tierra durante invierno” El reposo de la tierra en invierno novela”
E se invece vuoi che sia lei a tradurre i tuoi testi, basta chiedere a noi! traduzioni@gear.it